Il dottore in chimica Massimo Fant, responsabile del laboratorio analisi di Acque del Chiampo SpA Società Benefit, riceve un importante riconoscimento che ne attesta la profonda competenza nel campo dell’analisi ambientale. L’Istituto Superiore di Sanità lo ha infatti nominato membro del gruppo nazionale di esperti sulle sostanze polifluoroalchiliche (PFAS) nelle acque potabili.

Questa nomina convalida il livello di eccellenza raggiunto dal laboratorio di Acque del Chiampo, una struttura che, certificata Accredia dal 2006, si concentra sull’analisi a 360 gradi delle principali matrici ambientali, dalle acque potabili e di scarico, ai rifiuti liquidi e solidi. Grazie a strumentazioni tecnologicamente avanzate, tra cui cromatografi liquidi ad alta risoluzione e ICP MS, e un elevato grado di automazione, il laboratorio gestisce volumi di analisi significativi, superando i 29.000 campioni e i 380.000 parametri eseguiti in un anno.

Fant e il suo team vantano una vasta esperienza nella gestione dei PFAS, problematica che l’azienda affronta in prima linea dal 2013. L’obiettivo del nuovo gruppo nazionale, al quale Fant partecipa, è creare un coordinamento efficace per aggiornare i metodi di monitoraggio e controllo e per rispondere all’evoluzione normativa europea e italiana. Abbiamo contattato il dottor Fant per saperne di più.

Lei è stato chiamato dall’Istituto Superiore di Sanità a far parte del gruppo nazionale di esperti per le sostanze per e polifluoroalchiliche nelle acque potabili. Qual è l’obiettivo principale che il team di esperti si prefigge di raggiungere, in particolare rispetto all’evoluzione normativa e al restringimento dei limiti in Italia e in Europa?

«L’obiettivo è quello di mettere a fattore comune la singola esperienza di ogni laboratorio partecipante a tale gruppo, al fine di poter arrivare alla proposta di un unico metodo analitico armonizzato, robusto e idoneo al recepimento del costante inserimento di ulteriori composti appartenenti a tale famiglia di microinquinanti da ricercare e il conseguente abbassamento dei limiti di quantificazione necessari per un proficuo e “analiticamente inattaccabile” confronto tra risultati sullo stesso campione proveniente da laboratori diversi, al fine di una sempre maggior tutela della correttezza del dato analitico, lontana da facili strumentalizzazioni dei non addetti ai lavori,  da cui poi ci si basa per prendere decisioni riguardanti la salvaguardia del benessere della popolazione».

Acque del Chiampo è in prima linea nella lotta all’inquinamento da PFAS dal 2013 e ha investito oltre 37 milioni di euro nel controllo di queste sostanze. Dal punto di vista del laboratorio, quale ritiene sia l’esperienza più cruciale maturata in questi anni che ora viene ritenuta utile per lo sviluppo di nuovi standard di ricerca nel Decreto sulle acque potabili?

«Acque del Chiampo S.p.A. Società Benefit ha da sempre creduto e investito nel proprio laboratorio interno al fine di poter tenere sotto controllo le proprie attività e cercare, ove possibile, di anticipare eventuali problematiche qualora poi portassero ad eventuali future imposizioni legislative, in modo da risultare già pronti, nell’interesse della salvaguardia della salute pubblica e dell’ambiente. Il caso dei PFAS, da questo punto di vista, ha fatto sì che il laboratorio abbia perseguito una notevole implementazione a livello tecnologico e di parametri ricercati proprio per continuare a garantire elevate performance sulle analisi di routine ma al contempo cercando di lavorare in anticipo su ciò che poi è stato recepito dalla normativa italiana e europea, trovandosi quindi pronto nel momento dell’ufficializzazione di nuovi limiti normativi o nuovi parametri da ricercare».

Il vostro laboratorio vanta un elevato grado di automazione e una strumentazione all’avanguardia (come UHPLC-HR-MS, 3 UHPLC-QQQ, robot COD, ecc.). Come riuscite a mantenere l’equilibrio tra un’automazione così spinta, necessaria per gestire l’elevato numero di analisi (29.000 campioni annui), e la necessità di garantire la costante supervisione del personale per risultati analitici di alta qualità?

«La supervisione del personale è resa possibile grazie alla fattiva collaborazione del personale stesso, grazie alla continua formazione interna ed esterna, volta a una sempre maggiore professionalizzazione degli operatori, ma soprattutto a una continua informazione su ciò che l’azienda intende perseguire in termini di obiettivi, coinvolgendo tutto il personale nella consapevolezza di ciò che si fa e del perché si fa, in modo da ottenerne una sempre maggiore fidelizzazione e un impegno che ne garantisce il completo controllo delle attività, facendo in modo di concentrarsi sul mantenimento di un alto standard di qualità in termini analitici».

Il laboratorio si occupa di analisi chimiche, microbiologiche e ambientali a 360°, coprendo matrici che vanno dalle acque potabili, alle acque di scarico, ai rifiuti solidi e liquidi. Quali sono le principali sfide normative e operative che affrontate quotidianamente dovendo ottemperare ai parametri previsti da legislazioni diverse come il D. Lgs. 152/2006 e il D. Lgs. 18/2023?

«Come Laboratorio ambientale a 360 gradi, dovendo passare da analizzare matrici da estremamente pulite a estremamente sporche, da liquide a solide a gassose, e dovendo sottostare ai vari profili analitici previsti dai regolamenti interni o dai decreti legislativi nazionali e internazionali, una delle caratteristiche richieste è la trasversalità e flessibilità delle analisi che passano da una matrice a un’altra e che può essere raggiunta solamente mediante una valida organizzazione e programmazione delle analisi, strumentazione dedicata ed elevato grado di automazione degli strumenti per garantire, a parità di qualità del dato analitico e tenendo conto dei sempre più bassi limiti di quantificazione richiesti, una sempre più veloce risposta ai clienti interni ed esterni, in considerazione del fatto che moltissime decisioni che costituiscono il lavoro della nostra azienda partono dall’esito delle analisi eseguite».

Oltre ai progetti con le università italiane, state collaborando con l’Università di Princeton sulla degradazione dei PFAS e con l’Università della California sui microinquinanti ad Accra, in Ghana. In che modo queste sinergie a livello internazionale contribuiscono ad arricchire l’esperienza e le competenze del vostro laboratorio?

«Negli ultimi anni il laboratorio di Acque del Chiampo è stato coinvolto in numerosi progetti di ricerca con Università nazionali e internazionali, arrivando anche a pubblicare numerosi articoli su prestigiose riviste scientifiche che certamente hanno fatto crescere la consapevolezza della propria competenza tecnica in termini di analisi e questioni ambientali, ma che al contempo ci hanno fatto uscire dalla nostra “zona di comfort”, ossia ci hanno insegnato maggiormente a metterci in discussione, a documentarci su aspetti che non conoscevamo o che conoscevamo poco, per poi giungere a risultati e a conoscenze tecnico-scientifiche utilizzabili poi per i nostri scopi, in quanto ogni progetto ha sempre avuto un’attinenza con aspetti e problematiche che affrontiamo ogni giorno in azienda, e questo sicuramente ci ha rafforzato in termini di nuove conoscenze tecniche. Anche dal punto di vista umano tali esperienze ci hanno arricchito, come ad esempio quando abbiamo ospitato un ragazzo del Mozambico presso il nostro laboratorio affinché imparasse ad effettuare alcune analisi in modo poi da essere indipendente nel suo paese per tenere sotto controllo l’approvvigionamento dai pozzi ad uso potabile».