Un sensore chimico è un dispositivo integrato capace di fornire un’informazione quantitativa o semi-quantitativa sulla presenza di un composto chimico in un certo ambiente. Questa capacità deriva dalla possibilità di trasformare un’informazione legata alla concentrazione del substrato, in un segnale elettrico.
Ciò richiede la presenza di un recettore chimico che subisce una modificazione per effetto della sua prossimità al substrato o provoca una reazione chimica che coinvolge il substrato stesso. Un trasduttore trasforma la risposta alla modificazione chimica del recettore in un segnale elettrico. I sensori elettrochimici in particolare risultano molto interessanti, grazie all’elevata sensibilità, alla semplicità d’uso e al basso costo.

Un biosensore invece è un sensore chimico o elettrochimico nel quale il recettore sfrutta un meccanismo di reazione biochimico. I processi di riconoscimento biochimico sono caratterizzati da alte selettività, per cui lo sviluppo di biosensori è oggetto di forte interesse. A questo proposito, potrebbe non essere così lontano il giorno in cui i diabetici, nell’autocontrollo della glicemia, utilizzeranno una lacrima, l’urina o la saliva al posto del sangue. Un team di ricercatori statunitensi ha infatti realizzato un nuovo tipo di biosensore, a costi contenuti, in grado di rilevare basse concentrazioni di glucosio da queste sostanze. Il sensore nanotecnologico è composto di tre parti principali: alcuni strati di grafene, nanoparticelle di platino e l’enzima glucosio ossidasi.

Cambiando settore, nell’agroalimentare sono sempre più importanti la sicurezza, la qualità, la tracciabilità e la filiera perché alcune derrate alimentari di origine vegetale possono contenere tossine. La lotta a queste ultime si sviluppa lungo tutta la filiera produttiva, poiché possono generarsi in qualunque momento, dal campo allo stoccaggio. Tra i metodi più usati per il controllo ci sono gli immunochimici, quelli cromatografici e i biosensori. Da parecchi anni vengono studiate tecnologie che permettano l’individuazione rapida di questi contaminanti. È recente la messa a punto di biosensori QCM (Quartz Crystal Microbalance), una sorta di “nasi” biologici che individuano la presenza di sostanze tossiche nei cibi. Viene contemplato l’uso di molecole di natura biologica, come anticorpi o enzimi, che quando entrano in contatto con una determinata sostanza, per esempio una tossina, reagiscono e vengono “tradotte” in un impulso o segnale elettrico. Si tratta di dispositivi di elevata sensibilità, alta selettività, bassi costi, che offrono la possibilità di essere rigenerati e che hanno molteplici potenzialità di applicazione.

Un’ulteriore dimostrazione che l’argomento sensori e biosensori, pur così complesso, fa parte della nostra quotidianità.