Ancora me lo ricordo, il 15 aprile del 2003. Ero a lezione all’Università, le finestre dell’aula affacciavano sul Canale della Giudecca, davanti a noi Sacca Fisola e i severi volumi del Molino Stucky, che doveva di li a poco vedere avviati i lavori di restauro. Il docente, che allora ricopriva la carica di Direttore dei Musei Civici Veneziani, notò subito del fumo provenire dalla lanterna del Molino, seguito da una lingua di fuoco che rapidamente si propagava lungo il prospetto est. In maniera concitata ci ha invitato a guardare fuori dalla finestra, ha sospeso il programma della lezione e ha iniziato a parlarci della storia del complesso architettonico, dei materiali che lo costituivano, della funzione originaria degli edifici che lo costituivano e di quanto grave fosse quello che stava accadendo. Di quel giorno, sebbene non avessi ancora 20 anni, ricordo ancora la sensazione di pesantezza e turbamento che provavo dentro, e che non sapevo descrivere. Qualche anno dopo, per uno scherzo del destino, il Molino Stucky fu uno dei primi cantieri in cui misi piede e in cui ebbi la possibilità di partecipare ad una riunione tra Impresa e Direzione Lavori, offrendo, per piccolo e inesperto che fosse, il mio contributo per il prosieguo del cantiere.

Il 15 aprile 2019, ad esattamente 16 anni di distanza dall’incendio allo Stucky della Giudecca, è andata a fuoco Notre-Dame, importantissima tesimonianza dello stile gotico francese e del valore politico della città di Parigi, pure più volte rimaneggiata e ornata di elementi ex-novo nei restauri operati dai francesi negli ultimi duecento anni, un monumento che per secoli è svettato sulla città come uno dei suoi simboli più celebri tanto da essere citato da Victor Hugo e iconizzato in diverse declinazioni teatrali e cinematografiche.

Pur essendo a conoscenza dei rifacimenti effettuati sul volume dell’edificio che ne hanno modificato anche la morfologia (cito il caso della guglia collassata che voleva richiamare l’originale Duecentesca), a 16 anni di distanza – e con maggiore esperienza diretta come Chimico nel settore del restauro –  dal caso dello Stucky, seguendo il telegiornale non stop e vedendo le fiamme divampare e far crollare gran parte della copertura all’interno della cattedrale, tra il fumo, le lastre di piombo che si piegavano, il pavimento sicuramente danneggiato come verosimilmente gran parte degli elementi in legno e la volta a crociera coi costoloni, ecco che è ritornata  quella sensazione di peantezza e turbamento che non comprendevo 16 anni fa.

Quella sensazione, oggi lo so, era dovuta al dolore per le stratigrafie irrimediabilmente perdute, al degrado del paramento murario in materiale lapideo, alle modanature scomparse, al non vedere arrivare i Vigili del Fuoco francesi prima di mezz’ora abbondante dall’inizio dell’incendio, al leggere sui social truci commenti di troppe persone che scrivevano “sono solo quattro mattoni” o simili freddi commenti, addirittura Donald Trump che invocava i canadair, evidentemente inconsapevole che usare un canadair avrebbe distrutto gran parte di tutto ciò che un giorno potrà essere recuperato e restaurato.

Il recupero di Notre-Dame non sarà semplice, dato il valore storico, artistico, politico e devozionale del sito, e considerate le diverse teorie sul restauro formulate nei secoli e abbracciate o scartate dall’uno o dall’altro Paese. Se Europa deve essere, che sia un’Europa concorde anche su temi pratici come questi relativi al restauro architettonico, perché dovremmo tenere sempre a mente che quello che realizziamo, come lo realizziamo e come lo manuteniamo sono il retaggio che lasciamo alle future generazioni.

Quali che siano le cause ultime dell’incendio appare evidente che in fase di restauro non possano mancare in cantiere figure come il Chimico, per la verifica della corretta applicazione delle sostanze e del corretto uso dei DPI da parte degli operatori, nonché per l’assunzione della responsabilità dello stoccaggio dei materiali volatili o infiammabili che vengono utilizzati durante l’intervento. Non può mancare la figura del tecnico antincendio, così come non può mancare una attenta e competente azione da parte di organi superiori che vedano la presenza al proprio interno di almeno un rappresentante per ogni disciplina professionale che possa portare competenze nel mondo del restauro che già di per sé è complesso, articolato e multidisciplinare.

 

Dott.Chim.Ir. Roberta Giacometti

Consigliere FNCF