La scienza è anche comunicazione. A poco serve una ricerca anche fantastica se la comunità scientifica non la impiega mai perché magari complessa da riprodurre. La miglior pubblicità per un prodotto, anche scientifico, sono le recensioni entusiaste degli utenti. Negli anni ‘80 c’erano davvero poche reazioni davvero efficaci per sintetizzare molecole chirali. Bastava un minimo errore e non si otteneva il prodotto desiderato, almeno non nel modo descritto. La reazione di diidrossilazione di Barry Sharpless invece funzionava sempre e questo ha portato all’enorme stima della comunità dei chimici verso di di lui. Semplicità e affidabilità sono stati gli ingredienti alla base del suo primo Nobel. Tuttavia mentre nell’ottobre 2001 in un’America ferita il mese precedente dall’attentato alle Torri Gemelle Sharpless riceveva l’annuncio del suo primo Nobel, stava allora già lavorando al suo prossimo Nobel, quello che riceverà nel 2022, usando come caposaldi sempre la semplicità e l’affidabilità.

C’era una reazione sviluppata da Huisgen, un chimico tedesco non più in vita (è mancato nel 2020 a 99 anni), nella quale un gruppo funzionale alchino reagiva con un’azide per formare un sistema ciclico detto triazolo. La reazione aveva necessità di alte temperature, e con queste premesse era poco più che una curiosità accademica.

Sharpless e il suo gruppo ne hanno intravisto però il grande potenziale, e hanno compreso che grazie a minime quantità di ioni rame (I) questa reazione poteva avvenire anche a temperatura ambiente. Questa scoperta cambiava tutto perché queste condizioni erano più compatibili con molecole delicate come quelle biologiche. Inoltre, la reazione poteva avvenire in acqua o addirittura senza solvente. In un esperimento dimostrativo i reagenti erano semplicemente mischiati con una barra di rame e quello che si otteneva era essenzialmente il prodotto desiderato.

L’azide e l’alchino erano i terminali che si potevano mettere su molecole grandi e piacere e unire come due mattoncini del lego, con un semplice “click” attivato dal rame (I). L’importanza del ruolo del rame è stata risconosciuta indipendentemente da Sharpless e dall’altro vincitore del Nobel 2022, il professore danese Morten Medal.

Il termine “click chemistry” è stato coniato da Sharpless nel 1998 e la semplicità di questo concetto è stato anche quello che ha permesso (insieme alla fama del primo Nobel) di rendere molto popolare questo campo di ricerca. Non a caso il professor Medal che non ha invece mai utilizzato il termine “click chemistry” per descrivere la stessa reazione è rimasto poco noto al grande pubblico prima che vincesse il Nobel. Un nome scientificamente corretto, efficace e accattivante può davvero cambiare in positivo la percezione di una reazione. Immaginiamo quanto sarebbe stato diverso comunicativamente annunciare un Nobel alla “reazione di cicloaddizione regioselettiva [3+2] catalizzata da rame (I)”. Il Nobel alla “click chemistry” invece suscita subito curiorisità perché anche in questo caso è la semplicità l’arma vincente.

La terza vincitrice (Carolyn Bertozzi) è stata colei che ha invece applicato questa reazione ai più svariati sistemi biologici, unendo tra loro proteine, frammenti di DNA e persino cellule intere. Infatti gruppi funzionali come alchino e azide sono relativamente poco reattivi e raramente presenti sulle molecole biologiche. Bertozzi ha anche sviluppato una versione della reazione senza ioni rame (I) che possono essere problematici per molti sistemi biologici, impiegando invece altre molecole organiche come il ciclottino.

Le applicazioni della click chemistry sono numerose e vanno dalla classica sintesi organica alla preparazione di nuovi materiali e bioconiugati. Ad esempio, è stato possibile seguire il fato di proteine “marcate” con un’azide che venivano “catturate” attaccandogli un composto fluorescente contente un alchino e quindi permettendo di visualizzarle in una miscela complessa.

Bertozzi ha anche coniato il termine “reazione bioortogonale” per descrivere una reazione chimica che avveniva solo tra i due gruppi funzionali che dovevano essere uniti, senza toccare il resto delle due molecole. Infatti la dicitura esatta con la quale è stato conferito il Nobel è “alla click chemistry e alla chimica bioortogonale”, sottolineando che piuttosto che la reazione specifica di Huisgen è stata premiata una “filosofia chimica”, quella appunto della semplicità e affidabilità, la cui reazione di Huisgen rappresenta il primo ma non certo l’unico esempio.

Infine, è interessante notare che se il Nobel per la fisica 2021 è andato a chi ha studiato la complessità, come il nostro Giorgio Parisi, quello della chimica 2022 è un Nobel invece alla semplicità. Concludiamo con le parole di Sharpless:
“Prendendo solo sei atomi, carbonio idrogeno, ossigeno, fosforo, zolfo, azoto e rispettando le regole base della chimica potreste preparare un numero di 10 seguito da 60 zeri di molecole con peso molecolare sotto 400 Dalton. Per confronto, l’età dell’universo espressa in secondi è dell’ordine di 10 seguito da solo 17 zeri. Perché volete davvero fare proprio quelle molecole che sono difficili da sintetizzare?”

 

 

Prof. Marco Bella

Marco Bella, già deputato M5S, è un professore associato di chimica organica a Sapienza. Tra il 2000 e il 2005 ha lavorato prima presso The Scripps Research Institute in California con KC Nicolaou e poi presso Aarhus Universitet con KA Jørgensen. Ha un seguito blog di divulgazione scientifica su “Il Fatto Quotidiano”.