Uno dei principali strumenti a sostegno dell’economia circolare è la trasformazione dei rifiuti in risorse primarie per alimentare nuovi cicli di produzione, in sostituzione delle materie prime convenzionali. Il recupero dei rifiuti finalizzato a questo scopo viene chiamato End Of Waste. Attraverso trattamenti di recupero, incluso il riciclo, viene permesso ai rifiuti di tornare a svolgere un ruolo utile come prodotti, a patto che rispettino determinate condizioni:
• la sostanza o l’oggetto devono essere destinati o utilizzati per “scopi specifici”, ossia in ambiti di applicazione noti e preventivamente individuati.
• Deve esistere un mercato o una domanda per tale sostanza o oggetto: ciò a garanzia che il bene, derivante dal processo di recupero, difficilmente sarà abbandonato o smaltito illegalmente perché è ritenuto utile da più soggetti disposti ad acquistarlo.
• La sostanza o l’oggetto deve soddisfare i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispettare la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti, ossia le prestazioni richieste in concrete condizioni di utilizzo o di consumo, conformi tanto alla legislazione cogente applicabile, quanto alle norme tecniche relative a quel genere di beni.
• L’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana.

C’è da dire che l’applicazione dei criteri End of Waste procede molto lentamente e questo ha pesanti ripercussioni sotto il profilo ambientale, economico e occupazionale. Di qui la proposta per la semplificazione delle procedure, avanzata di recente dal Circular Economy Network.
Anche perché, nel mondo, si producono ogni anno oltre due miliardi di tonnellate di rifiuti. Solo in Italia, ogni cittadino produce circa 500 chilogrammi di rifiuti in un anno. I valori più alti sono al Centro, con 548 kg per abitante. Al Nord la produzione è di circa a 518 chilogrammi per abitante, mentre al Sud è di 445 kg per abitante. La produzione pro capite più elevata si conferma in Emilia Romagna, con 663 chilogrammi per abitante per anno.

Una volta si parlava di consumismo, ma oggi questa parola sembra essere scomparsa. Eppure, la quasi totalità delle cose acquistate finisce nella spazzatura in pochi mesi. Anche i rifiuti elettronici sono aumentati a livello globale: ogni anno ne vengono prodotti circa 50 milioni di tonnellate, la maggior parte viene poi spedita nei paesi poveri dell’Asia e dell’Africa. La più grande discarica di rifiuti elettronici del mondo si trova a Guiyu, in Cina.
In generale i rifiuti vengono classificati e poi possono essere smaltiti nelle discariche, bruciati negli inceneritori o “termovalorizzatori” e trattati nei compostaggi.
Oppure possono essere riciclati o riusati, come accennato all’inizio. Il riciclo è la trasformazione di materiali di scarto e rifiuti in nuove risorse o beni attraverso processi industriali più o meno complessi. Per funzionare, ha bisogno che il sistema della raccolta differenziata dei rifiuti sia rigoroso, condiviso ed efficiente.
Il riuso consiste nel nuovo utilizzo del bene, così com’è. In termini più generali può essere considerato uno stile di vita, un atteggiamento mentale e culturale che prende forma nella vita quotidiana attraverso gesti apparentemente insignificanti. L’insieme di questi piccoli gesti si trasforma in una vera e propria attività economica che punta a ricollocare e reinventare prodotti ancora riutilizzabili. Tutti possono farlo: basta usare un po’ di fantasia e… buttarsi.