Per fronteggiare la crescita della popolazione e i cambiamenti delle abitudini a tavola, la produzione alimentare mondiale deve accelerare e raddoppiare nei prossimi trent’anni. Proprio per affrontare questa sfida, negli ultimi decenni la politica agricola dell’Unione Europea è cambiata. Un cambiamento necessario per aiutare gli agricoltori ad affrontare queste sfide e rispondere all’evoluzione dei comportamenti e delle aspettative dei consumatori.

Ad esempio, oggi la politica agricola dell’Unione Europea copre un’ampia gamma di settori, tra cui la qualità dei generi alimentari, la tracciabilità e la promozione dei prodotti agricoli dell’Unione.

L’Italia non è rimasta a guardare: il 2 febbraio 2021 il Governo Conte ha emanato il Decreto Legislativo n. 27 per adeguare le disposizioni nazionali vigenti al regolamento 2017/625 dell’Unione Europea, relativo ai controlli ufficiali, per garantire l’applicazione della legislazione sugli alimenti e sui mangimi e il rispetto delle norme sulla salute e sul benessere degli animali, sulla sanità delle piante e sui prodotti fitosanitari.

L’impegno dell’Unione Europea è anche, come anticipato, una risposta alle mutate abitudini alimentari dei consumatori. Prendiamo il biologico: oggi non rappresenta più una scelta di pochi, ma un’opzione sempre più diffusa e apprezzata che ha contribuito alla diffusione dei prodotti bio anche nella grande distribuzione. Gli italiani infatti sono diventati molto più attenti agli ingredienti e al metodo di produzione, indizi a dimostrazione della volontà di sapere cosa si porta nel piatto, indipendentemente da dove lo si acquista.

Un dato interessante evidenziato da Nomisma fotografa il numero di famiglie che scelgono il biologico: 9,4 milioni sono fedeli alla grande distribuzione e il 44% di esse consuma bio almeno una volta alla settimana, 4,1 milioni di famiglie sono legate alla distribuzione specifica e più del 60% porta in tavola il bio una o più volte alla settimana.

A prescindere da dove viene fatta la spesa, il biologico è per il 45% degli intervistati la prima scelta. Colpisce, inoltre, come sia sempre più diffusa la consapevolezza che la salute passa anche attraverso ciò che si mangia: un traguardo significativo che potrebbe aumentare l’efficacia dell’azione preventiva contro diversi tipi di patologie, da quelle cardiovascolari all’obesità.

Un altro dato che rafforza questa nuova consapevolezza dei consumatori è l’attenzione alla “carta d’identità” degli alimenti, ovvero all’etichetta che li accompagna. Ecco perché anche le varie sigle a tutela del Made in Italy vengono tenute in grande considerazione.

La Denominazione di Origine Protetta, DOP, garantisce la territorialità, ma anche i metodi di produzione attraverso cui i prodotti arrivano sulle tavole. DOC è l’acronimo che sta ad indicare la Denominazione di Origine Controllata: è stata la prima certificazione esistente e, seppur non più utilizzata in maniera ufficiale, viene comunque consentita a titolo di menzione specifica tradizionale. L’Indicazione Geografica Protetta, IGP, è molto simile all’acronimo DOP, ma si distingue per un elemento: è sufficiente che solamente una, tra le fasi di produzione, trasformazione ed elaborazione avvenga nell’area geografica delimitata. DOCG indica la Denominazione di Origine Controllata e Garantita e riguarda esclusivamente i vini. Anche qui, come nel caso della DOC, si tratta di una classificazione superata anche se ancora in uso. IGT viene usata per i vini a Indicazione Geografica Tipica, prodotti cioè in aree piuttosto estese, ma delimitate dai confini regionali. L’indicazione STG è applicata a quei prodotti alimentari che sono riconosciuti come Specialità Tradizionali Garantite.

Il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha pubblicato un Elenco dei Prodotti DOP, IGP e STG aggiornato al 16 aprile 2021, consultabile alla pagina dedicata sul sito web del Ministero stesso, in cui si riporta il dato importante di ben 313 prodotti italiani che attualmente si fregiano di una di tali indicazioni.

Tutti questi importanti cambiamenti che partono dalle nostre tavole coinvolgeranno molto presto anche il mercato del lavoro. Si stima infatti che, nei prossimi anni, le imprese avranno bisogno di nuovi professionisti (tra i 519.000 e i 607.000) per cogliere al meglio tutte le opportunità offerte dalla grande diffusione di processi produttivi rispettosi dell’ambiente e volti ad ottimizzare l’utilizzo di materie prime. Anche perché, per ora la terra sta rispondendo con grande generosità alle nostre continue “richieste”, ma non dobbiamo mai dimenticare che, come affermava Lady Bird Johnson, ex First Lady degli Stati Uniti d’America: l’ambiente è dove tutti noi ci incontriamo, dove tutti abbiamo un interesse comune. È l’unica cosa che tutti noi condividiamo.