La presenza di sostanze, anche potenzialmente pericolose, in ambiente lavorativo può comportare un elevato incremento del rischio chimico, ponendo dunque le condizioni che determinano una esposizione potenzialmente dannosa per i lavoratori, a volte inconsapevoli, e per l’ambiente (come da dettato normativo TUSL 81/08).

L’industria chimica vive oggi una stagione di grandi cambiamenti, dalla trasformazione digitale ad una crescente attenzione volta all’utilizzo di risorse efficienti e rinnovabili nel rispetto dell’ambiente.
Attualmente l’industria chimica sta entrando nella fase 4.0 ovvero “fare di più con meno”.

Chimica 4.0 significa innanzitutto economia circolare e digitalizzazione. Sin dalle prime fasi di progettazione, nuovi paradigmi produttivi e di recupero, riuso e riciclo dei materiali si intrecciano per calcolare e ottimizzare l’utilizzo di atomi e molecole, e di cui ai concetti sempre più applicati dell’atom economy. Inoltre diversi processi produttivi che prevedono tradizionalmente l’impiego di catalizzatori omogenei possono essere resi più sostenibili mediante l’impiego di diverso tipo di specie cataliticamente attive, capaci di offrire un TON (Turn Over Number) o un TOF (Turn Over Frequency) che rendano meno frequente la sostituzione del catalizzatore e che siano in grado di addivenire a maggiori quantità di prodotti a fronte di minori quantità di impiego di catalizzatore. L’utilizzo di alcuni tipi di catalizzatori omogenei, per di più, può oggi essere (ancora su medio-bassa scala) favorevolmente abbattuto grazie a opportuni trasferimenti energetici, per esempio tramite l’utilizzo di particolari frequenze d’onda (p.es. ultrasoniche, microonde…) o di energia meccanica (p.es. ball milling), così da ottenere i prodotti di reazione in maniera più pulita, raggiungendo con facilità l’energia di attivazione necessaria a far decorrere il processo.

La chimica gioca un ruolo fondamentale in questo contesto in quanto si colloca a monte di numerose filiere, non solo di quella farmaceutica, e consente di applicare le opportune competenze tecnologiche per guidare il cambiamento.

La fase di recupero, per la chimica 4.0, è di fondamentale importanza in quanto vengono presi in considerazione diversi percorsi innovativi nel riutilizzo dei rifiuti e nella loro trasformazione in nuove risorse. In questo panorama si inserisce il riciclaggio chimico (o cd. “feedstock recycling”) che riguarda la frazione di plastica mista e che comprende processi come la gassificazione, la pirolisi, la solvolisi, la chemiolisi e la depolimerizzazione, che scompongono i rifiuti di plastica in sostanze chimiche di base, inclusi i monomeri per la produzione di plastiche. Di fatto con questo metodo di riciclaggio si può diminuire considerevolmente la percentuale di rifiuti in plastica che vengono inceneriti (43%) o mandati in discarica (25%). Il trattamento meccanico delle diverse materie plastiche viene effettuato per ottenere un materiale più possibile simile al corrispondente polimero vergine. Più la plastica riciclata si avvicina alla purezza ed al colore del materiale vergine, più alto diventa il suo valore e le sue possibilità di reimpiego ad esempio in edilizia, in agricoltura o per la produzione di beni durevoli.

All’interno di questo contesto, la digitalizzazione porta a un’ulteriore implementazione dell’economia circolare, grazie alla raccolta e condivisione di grandi volumi di dati tra gli attori della filiera e al miglioramento continuo dei processi, considerando le prestazioni dei prodotti per tutta la durata del loro ciclo di vita.
La tecnologia digitale aiuterà le aziende ad abbattere i costi grazie al fatto che riusciranno a ricavare informazioni dettagliate ad un costo inferiore, inoltre la programmazione per la manutenzione permetterà di ridurre al minimo i tempi di fermo, facilitando così una pianificazione accurata della fornitura di scorte per prevenire l’esaurimento della merce o dei prodotti.

L’Italia, per quanto riguarda il tema del riciclo e dell’indice di circolarità, è già ben posizionata a livello europeo, ma la speranza è che gli investimenti previsti dal PNRR (Piano Nazionale Ripresa Resilienza) e le riforme ad essi associate permetteranno di colmare i gap che oggi sono evidenti nel sistema italiano. Dei 5,7 miliardi di euro previsti per la missione agricoltura sostenibile ed economia circolare, 2,8 miliardi sono legati alla infrastrutturazione del sistema impiantistico nazionale, soprattutto al centro-sud Italia. Il 2022 sarà l’anno della Strategia nazionale sull’economia circolare, che definirà il quadro strategico nazionale indirizzando le politiche.

Un aspetto interessante in un’ottica di economia circolare è la Giornata Mondiale della Terra (EARTH DAY 2022), che si celebra ogni anno da oltre cinquant’anni i cui obbiettivi sono il riciclo dei materiali, a seguire la conservazione delle risorse naturali come il petrolio e i gas fossili, il divieto di utilizzare prodotti chimici dannosi, la cessazione della distruzione di habitat fondamentali come i boschi umidi e la protezione delle specie minacciate.

Quali possono essere i vantaggi che comporta il passaggio a un nuovo modello economico?
I vantaggi possono essere molteplici, l’economia circolare si sta diffondendo rapidamente sia tra le imprese che tra i governi mondiali.
In tal senso, si stima che entro il 2030 questo atteggiamento porterà ad una riduzione fino al 24% dell’utilizzo delle materie prime, con un risparmio di 630 miliardi di euro e una crescita del PIL europeo del 3,9%.

In conclusione si può affermare che ciascuno di noi può diventare un esempio di economia circolare nel proprio piccolo. Questo non riguarderà esclusivamente le imprese, ma anche il comportamento e stile di vita di ogni singolo individuo in termini di miglioramento delle sue condizioni di vita e dell’impatto sulla salute e sull’ambiente.

 

Dott. Chim. Saimir Rama
OICF Emilia-Romagna