La dottoressa in fisica Camilla Bordoni è la vincitrice assieme alla dottoressa in chimica Laura Sforzi del premio Premio “Chimica e Fisica al Femminile” 2025, con la sua tesi sui «dispositivi dosimetrici per la rilevazione di raggi X, basati su transistor a effetto di campo realizzati con dielettrici ad alto numero atomico depositati tramite tecnica ALD». La dottoressa Bordoni racconta in questa intervista perché ha scelto di studiare questo argomento, e quali saranno le possibili applicazioni future.
Cosa l’ha spinta a scegliere come tema della sua tesi la realizzazione di dispositivi dosimetrici e quale impatto potrebbero avere in ambito medico o industriale?
«Ho scelto questo tema perché ero interessata alle applicazioni della fisica dei materiali in campo tecnologico e della protezione alla salute – spiega la dottoressa Bordoni -. L’idea di sviluppare sensori altamente sensibili, capaci di monitorare in tempo reale l’esposizione alle radiazioni, mi è sembrata una sfida scientifica stimolante, con un impatto concreto sulla vita delle persone, soprattutto in contesti delicati come la radioterapia o la protezione nei luoghi di lavoro. Inoltre, grazie a un progetto Erasmus, ho avuto l’opportunità di lavorare in laboratori avanzati dove ho potuto svolgere personalmente tutte le fasi della fabbricazione dei dispositivi per poi misurare all’Università di Bologna i dispositivi che avevo fabbricato all’estero».
Può spiegare in termini semplici che ruolo giocano i transistor a effetto di campo nella rilevazione dei raggi X e perché l’uso di dielettrici ad alto numero atomico è particolarmente vantaggioso?
«I transistor a effetto di campo (FET) fungono da sensori per la radiazione. Quando i dispositivi vengono colpiti da raggi X, si generano cariche elettriche nel materiale isolante interno (il dielettrico) che modificano la tensione di soglia del transistor. Questa variazione è facilmente misurabile ed è direttamente proporzionale alla dose di radiazione ricevuta. I dispositivi tradizionali usano solitamente tecnologie a base di silicio, che però ha un basso numero atomico e quindi assorbe poco i raggi X. Sostituire questi materiali con dielettrici ad alto numero atomico, come l’ossido di tantalio, migliora molto l’efficienza del rilevamento, rendendo i dispositivi più sensibili e precisi».
In che modo la tecnica ALD (Atomic Layer Deposition) ha contribuito alla qualità o all’efficacia dei dispositivi dosimetrici sviluppati?
«L’ALD è una tecnica che permette di depositare i materiali uno strato atomico alla volta, permettendo così di ottenere film dielettrici estremamente uniformi e controllati anche su grandi superfici e a bassa temperatura, quindi compatibile con substrati flessibili come la plastica. Rispetto ad altre tecniche di deposizione, l’ALD garantisce una qualità superiore degli strati sottili, migliorando l’isolamento elettrico e la ripetibilità dei dispositivi ottenuti».
Ha avuto modo di testare le prestazioni dei dispositivi sviluppati? Se sì, quali sono stati i risultati più rilevanti in termini di sensibilità o precisione nella rilevazione dei raggi X?
«Sì, ho testato i dispositivi misurandone le caratteristiche elettriche di base epr controllare il loro funzionamento. In seguito li ho irradiati con raggi X, misurando la variazione della tensione di soglia del transistor per determinare la sensibilità dei dispositivi. Il risultato più significativo è stato ottenuto con una struttura dielettrica a doppio strato, che ha raggiunto una sensibilità di 63 ± 2 V/Gy. Questo valore è circa dieci volte superiore rispetto a quello dei tradizionali dispositivi in silicio».
Quali sono le prospettive future di ricerca o di applicazione per questo tipo di dispositivi in un contesto di evoluzione tecnologica, come ad esempio nella radioterapia o nella sicurezza?
«Le prospettive sono molto promettenti. In radioterapia, dispositivi flessibili e ad alta sensibilità potrebbero essere integrati direttamente sul corpo del paziente per un controllo della dose di radiazioni in tempo reale. In ambito industriale o spaziale, questi sensori potrebbero essere usati per il monitoraggio continuo in ambienti a rischio, grazie alla loro leggerezza e versatilità».