L’11 giugno avrà luogo il convegno dedicato al Ruolo e responsabilità del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione nella valutazione e gestione del rischio. L’evento della FNCF è parte integrante del 35° Salone della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, Ambiente Lavoro 2025, che si terrà a Bologna Fiere dal 10 al 12 giugno. L’edizione di quest’anno si focalizza sugli aspetti tecnici e scientifici della prevenzione dei rischi. Tra i relatori ci sarà anche il dottore in chimica Flavio Noè, con la relazione Monitoraggi di agenti chimici e fisici a fondamento delle valutazioni. L’abbiamo intervistato per avere qualche anticipazione.
Dottor Noè, la sua relazione si focalizza sui “Monitoraggi di agenti chimici e fisici a fondamento delle valutazioni”. Potrebbe spiegarci in concreto quali tipologie di monitoraggi rientrano in questa categoria?
«Il monitoraggio dell’esposizione ad agenti chimici e fisici è sicuramente una fase importantissima del processo di assicurazione della salute e sicurezza dei lavoratori esposti – spiega il dottor Noè -. Solo mediante i monitoraggi siamo in grado di capire (e dimostrare) che il rischio è stato valutato in maniera corretta e che le misure di mitigazione messe in campo sono adeguate ed efficaci. Le modalità di monitoraggio e la strumentazione da utilizzare sono descritte accuratamente in una infinità di standard UNI, EN, ISO, CEI, etc. che, vale la pena ricordare, in assenza di istruzioni o indicazioni esplicitamente riportate nelle norme di legge, diventano punto di riferimento ufficiale per svolgere quelle determinata attività».
«In particolare per gli agenti chimici i monitoraggi si dividono in due grandi categorie, monitoraggi attivi e passivi: i primi utilizzano macchinari o attrezzature per “spingere” la matrice contenente le sostanze da monitorare attraverso il sistema di raccolta e misurazione; il secondo invece semplicemente “aspetta” che le sostanze chimiche, da sole, si diffondano all’interno del sistema di raccolta per mezzo del principio fisico della diffusione. Quale dei due sistemi scegliere dipende da vari parametri: sia i sistemi di monitoraggio attivo che passivo presentano lati positivi e lati negativi di cui tenere conto».
In che modo i dati derivanti da un monitoraggio rigoroso permettono una corretta valutazione dell’esposizione e del rischio per i lavoratori?
«Un monitoraggio preventivo ci dà importanti informazioni per capire ed inquadrare in maniera corretta la situazione e di conseguenza fornire gli elementi per una corretta valutazione del rischio. I monitoraggi di conferma, effettuati dopo la valutazione del rischio e l’adozione di tutte le misure di mitigazione, ci permettono invece di verificare che le previsioni che erano state fatte erano corrette e che quanto è stato poi deciso di fare si è dimostrato adeguato ed efficace».
«Teniamo presente che l’esposizione incontrollata ad agenti chimici e fisici può portare spesso ad esiti tragici: non ce ne rendiamo conto perché gli effetti dell’esposizione ad agenti chimici e fisici sono subdoli, non li vediamo e pensandoci non visualizziamo immagini cruente che ci restituiscono una sensazione di dolore come invece succede pensando ad una lama tagliente o ad una pressa, per questo motivo tendiamo a sottovalutare le conseguenze che invece sono spesso gravissime e che molte volte si manifestano in tutta la loro tragicità a distanza di tempo dall’esposizione».
Quali sono le difficoltà pratiche più comuni che gli RSPP e i professionisti della sicurezza incontrano nell’implementazione e nella gestione dei programmi di monitoraggio degli agenti chimici e fisici in azienda?
«Da ex responsabile della sicurezza di aziende chimiche e farmaceutiche posso dire che spesso ci si scontra con le esigenze di produzione: allestire una campagna di monitoraggio può richiedere tempo anche se a dire la verità non tantissimo. Però per farlo è necessario accedere ai luoghi in cui la lavorazione è eseguita e spesso in questi luoghi, specie dove si manipolano sostanze molto pericolose o principi attivi per uso farmaceutico, è giustamente necessario particolari accorgimenti sia per proteggere la persona che il prodotto. Questo comporta blocchi delle attività che invece sono spesso considerate prioritarie per rispettare i tempi di consegna».
«Oltre a questo ci sono pure i costi associati al monitoraggio ed alle successive misure di mitigazione che, visto che come detto prima non sono finalizzati a prevenire qualcosa che percepiamo chiaramente come pericoloso e doloroso, vengono talvolta visti come un “di più” da realizzare ma con una priorità inferiore rispetto altre attività. Per usare un termine da auditor possiamo dire che la mancanza di misure di mitigazione di rischi meccanici viene vista come una “non conformità” mentre quella per il rischio chimico e fisico come “una opportunità di miglioramento” ».
«Da qui la necessità di saper spiegare chiaramente quali sono i rischi e di cosa si sta parlando e per farlo bisogna avere cognizione di causa, bisogna conoscere in modo approfondito l’argomento e tutte le implicazioni: non ci si può improvvisare perché il rischio è di dare informazioni fuorvianti che instillano poi nel datore di lavoro la tendenza a sottovalutare certe di tipologie di rischio come il rischio chimico e fisico. Solo un Chimico ed un Fisico possiedono le conoscenze adeguate per svolgere questa attività a supporto del Datore di Lavoro».
Quali suggerimenti o “approcci pratici” suggerisce per superare queste sfide e garantire l’affidabilità dei risultati?
«Come dicevo sopra, le persone che devono supportare il Datore di Lavoro nelle sue scelte devono farlo con cognizione di causa senza improvvisazioni. Quando ero RSPP e/o Responsabile HSE ho sempre sostenuto che dobbiamo imparare ad essere più umili, il che non significa essere rimessi e accondiscendenti ma semplicemente consci dei nostri limiti: nessuno è onnisciente o tuttologo, ognuno di noi ha più conoscenze in un settore e meno in un altro. Quando mi chiedevano un supporto per questioni “chimiche” rispondevo in prima persona, quando mi si chiedeva un’attività su altri argomenti tipo rumore, sicurezza macchine o altro davo una prima risposta generica e poi mi rifacevo subito ad esperti di quello specifico settore».
«Io sono convinto sostenitore del “ad ognuno il suo lavoro”: io sono un chimico e mi occupo di questo, per gli altri argomenti mi rivolgo ad esperti di quel settore, meglio poi se appartenenti ad un contesto regolamentato. Lei si affiderebbe al suo barista di fiducia per gestire eventuali investimenti dei suoi risparmi?»
Considerando che la conferenza include anche interventi sulle metodologie di gestione del rischio chimico e gli approcci pratici alla gestione del rischio fisico, come si integrano le attività di monitoraggio da lei illustrate con le altre fasi del processo di gestione del rischio?
«La gestione del rischio può essere rappresentata dal ciclo di Deming tanto caro ai sistemi di gestione della qualità:
- esecuzione di misurazioni preventive;
- realizzazione delle misure di mitigazione che il Datore di Lavoro, con il supporto di una figura competente, definisce di adottare;
- esecuzione di nuove misurazioni per confermare che le misure di mitigazione adottate sono adeguate;
- se necessario, supporto al Datore di Lavoro nella definizione di eventuali nuove misure di mitigazione;
- monitoraggi periodici per verificare che le prestazioni delle misure di mitigazione adottate non cambino nel tempo».
«Da tenere presente che i risultati dei monitoraggi vanno sempre confrontati con quelli che sono i limiti di esposizione agli agenti considerati e questi limiti possono cambiare nel tempo con l’evolversi delle conoscenze: fino agli anni ’70 l’amianto veniva visto come la manna dal cielo e la panacea di tutti i mali, oggi con le conoscenze che abbiamo l’amianto è giustamente considerato come il diavolo in Terra».
«Da considerare anche che non tutte le sostanze e prodotti classificati come pericolosi hanno in limite di esposizione ufficiale: il fatto che non ci sia non vuol dire che posso fare quello che voglio: devo andare in cerca se esistono altre fonti che indicano dei limiti (es. ACGIH, OSHA, etc), in assenza posso rifermi a quanto indica il produttore e se ancora non trovo dati si ha il dovere di determinare, o fare determinare, un valore cautelativo anche approssimativo basato si tecniche particolari che solo degli esperti sono in grado di applicare. Questo è per esempio il caso dei laboratori di ricerca o delle aziende che producono principi attivi: spesso le nuove molecole allo studio, oppure i nuovi principi attivi per uso farmaceutico, non hanno informazioni sufficienti per stabilire un VLEP ufficiale per cui ci si rifà a studi di letteratura, ad analisi “in silico” che sfruttano le similitudini strutturali con molecole dalle proprietà note, o ancora ad altri strumenti (es. analisi “in vitro” o altro) in grado di restituire una idea ragionata della pericolosità di quella molecola per poi indicare quello che può poi essere indicato come limite di esposizione “provvisorio” ».
«Di nuovo solo chi è del mestiere ha gli strumenti per essere sempre aggiornato sullo stato dell’arte e sapere quali strumenti abbiamo a disposizione per assicurare la salute e sicurezza dei lavoratori. Bisogna essere onesti con se stessi e prendere atto che ognuno è specializzato in alcuni argomenti, sui quali può esprimersi con cognizione di causa, mentre su altri no: per le questioni in ambito chimico bisogna quindi rivolgersi ad un Chimico e per quelle in ambito fisico ad un Fisico, solo queste figure possono garantire risposte adeguate su questi argomenti».