Il Comitato Scientifico di Remtech Expo 2025 ha conferito il Premio Dondi alla dottoressa in chimica Naima Blal. Tale riconoscimento verrà consegnato il 19 settembre per la sua tesi su Sostenibilità, circolarità e resilienza nel biorisanamento: la declorazione riduttiva biologica accoppiata ad adsorbimento su biochar e valorizzazione di scarti organici. L’abbiamo contattata per saperne di più.
La sua tesi esplora un approccio integrato per il biorisanamento delle falde acquifere contaminate da Tricloroetilene, combinando l’adsorbimento su biochar e la declorazione biologica riduttiva. Come fa questo modello a promuove un’economia circolare? Quali vantaggi concreti offre rispetto ai tradizionali metodi di bonifica come il “Pump & Treat”?
«Nell’approccio proposto vengono utilizzati materiali derivanti da scarti, conferendo quindi una seconda vita a ciò che altrimenti verrebbe considerato un rifiuto. Il biochar, sottoprodotto della pirolisi di biomasse, rappresenta un’alternativa più sostenibile ai carboni attivi, ampiamente impiegati nelle bonifiche: mantiene elevate capacità adsorbenti e, al termine del suo ciclo, può essere riutilizzato anche come ammendante agricolo. Parallelamente, la declorazione biologica riduttiva è sostenuta dai prodotti di fermentazione di poliidrossialcanoati (PHA), polimeri prodotti da microrganismi a partire da scarti organici industriali. Applicato alle falde contaminate, questo approccio integrato si distingue dal “Pump & Treat” per i costi contenuti, la ridotta manutenzione, la drastica diminuzione dei rifiuti prodotti e, soprattutto, per il carattere circolare e rigenerativo che permette al materiale adsorbente di rinnovarsi autonomamente».
Nel suo lavoro ha osservato un progressivo esaurimento dell’attività biologica nel reattore prima della sua riattivazione. Quali cause principali ha identificato per questo esaurimento e come l’aggiunta di lattato ha dimostrato la resilienza del consorzio microbico nel recuperare la sua capacità biodegradativa?
«La progressiva diminuzione dell’attività biologica, osservata a partire dal giorno 600, è attribuibile all’esaurimento del donatore di elettroni, fondamentale per la degradazione dei contaminanti. La resilienza del consorzio microbico è stata evidenziata dalla pronta ripresa della capacità biodegradativa in seguito all’aggiunta di lattato: nonostante il prolungato periodo di carenza di nutrienti, l’attività è stata recuperata rapidamente e in forma persino potenziata, a dimostrazione della robustezza e flessibilità del sistema microbico».
La sua ricerca approfondisce l’influenza della temperatura di produzione del biochar e della polarità dei contaminanti sulla capacità di adsorbimento. Quali correlazioni chiave ha osservato tra queste variabili e l’efficacia del biochar nel rimuovere idrocarburi alifatici clorurati come PCE, TCE e c-DCE?
«La temperatura di produzione del biochar, così come le modalità del processo di pirolisi o gassificazione, rappresentano fattori determinanti per le sue proprietà adsorbenti. Esse influenzano la struttura del materiale, la porosità, le dimensioni dei pori e quindi l’area superficiale disponibile per l’interazione con i contaminanti. In generale, la porosità aumenta con la temperatura fino a un valore ottimale, oltre il quale la struttura collassa. Un ulteriore aspetto rilevante è la presenza di gruppi funzionali sulla superficie: biochar prodotti a temperature elevate tendono a presentare superfici prevalentemente apolari, che interagiscono più efficacemente con contaminanti apolari come il PCE, risultando dunque particolarmente idonei alla loro rimozione».
Lei ha investigato l’uso dei poli-idrossialcanoati (PHA) come donatori di elettroni a lento rilascio. I suoi risultati preliminari sulla fermentabilità dei PHA mostrano che i campioni con minore purezza producono più acidi grassi volatili (VFA) nel breve termine. Come pensa di ottimizzare l’utilizzo di PHA con una purezza maggiore per garantirne una fermentazione efficace e un rilascio costante di potere riducente a lungo termine nel biorisanamento?
«Gli sviluppi futuri riguardanti l’impiego dei PHA come donatori di elettroni a lento rilascio includono l’ottimizzazione delle condizioni di fermentazione per garantire un rilascio stabile e duraturo di acidi grassi volatili. In particolare, sarà importante monitorare nel tempo la produzione di VFA per individuare la concentrazione ottimale di PHA da impiegare. Va inoltre considerato che un’elevata purezza comporta maggiori passaggi produttivi e, di conseguenza, un incremento dell’impronta ambientale. L’obiettivo sarà quindi individuare un equilibrio tra la quantità di PHA necessaria a sostenere a lungo termine il processo di declorazione e la riduzione dell’impatto ambientale complessivo».
Considerando la validità del suo approccio integrato e i promettenti risultati ottenuti, quali passaggi futuri immagina per l’ulteriore ottimizzazione di queste tecnologie e per la loro applicazione su scala industriale, specialmente per affrontare la bonifica di siti contaminati storici?
«Una delle principali prospettive future riguarda la validazione del modello in condizioni sempre più vicine a quelle reali, attraverso test in microcosmi e mesocosmi che tengano conto dell’eterogeneità dei suoli e della complessità chimica delle falde contaminate. Parallelamente, sarà necessario ottimizzare la formulazione dei materiali impiegati, ad esempio modificando la superficie del biochar con gruppi che presentano una grande affinità anche per altri composti e definendo il dosaggio ottimale di PHA per garantire un rilascio controllato e duraturo di donatori di elettroni. In un’ottica di applicazione industriale, sarà importante sviluppare protocolli standardizzati ed economicamente sostenibili, valutando non solo l’efficacia tecnica ma anche i costi e gli impatti ambientali associati. Infine, l’applicazione a siti contaminati storici richiederà un approccio integrato su larga scala, basato su sistemi modulari e facilmente adattabili a diverse condizioni idrogeologiche, al fine di offrire un’alternativa concreta, sostenibile ed economicamente vantaggiosa rispetto ai metodi convenzionali di bonifica».





